E’ legale controllare i propri dipendenti con appositi strumenti?

Una questione che talvolta è sottoposta alla nostra attenzione è inerente alla gestione degli strumenti che consentono un controllo a distanza sull’attività dei lavoratori. Nella fattispecie, in funzione di tali presupposti, bisogna tener conto di quanto emergente all’interno dell’art. 4 della L.300/70.

Di fatto, a fronte della sussistenza delle causali previste dal 1° comma dell’art. sopra evidenziato, qualsiasi strumento da cui potrebbe discendere un controllo a distanza dei lavoratori può essere installato. Parliamo di necessità aventi carattere: organizzativo, produttivo, inerenti alla sicurezza sul lavoro o la tutela del patrimonio aziendale.

Affinché vi sia legittimità nell’installazione ed utilizzo dei suddetti è necessario l’accordo collettivo con la rappresentanza sindacale interna; in mancanza della suddetta, il suddetto può essere altresì stipulato con le organizzazioni che soddisfano il requisito di rappresentatività. In caso di esito negativo è contemplato promuovere istanza all’ITL competente, o all’INL laddove vi siano unità produttive collocate in più regioni. I provvedimenti autorizzativi dell’ITL possono essere oggetto di ricorso presso il Ministero del lavoro (nel termine di 30 giorni dalla comunicazione dei medesimi).

Pertanto, gli strumenti in questione non possono essere installati per monitorare esclusivamente l’attività dei lavoratori o i luoghi adibiti al ristoro degli stessi. Inoltre, altro elemento centrale, così come evidenziato dal 3° comma dell’articolo in questione, riguarda la diffusione dell’informativa in merito all’installazione di detti impianti ed alle modalità di utilizzo degli stessi, nonché il trattamento dei dati acquisiti in riferimento alla normativa sulla privacy.

Importante evidenziare che la violazione dei principi enunciati ha rilevanza penale ai sensi di quanto previsto dall’art.38 della l.300/70. La violazione comporta l’applicazione di un’ammenda fino a 1549 euro o l’arresto da 15 giorni a 1 anno. Nei casi più gravi le pene in questione sono applicate congiuntamente. Il giudice può elevare l’ammenda fino a 5 volte il suo ammontare laddove reputi che anche applicando la misura massima risulti irrilevante per il reo.

E’ necessaria un’autorizzazione per il controllo a distanza discendente dagli strumenti di lavoro assegnati al lavoratore?

Per quanto attiene gli strumenti di lavoro non opera alcun divieto inerente il possibile controllo a distanza che può discendere da essi, questo a patto che i lavoratori siano adeguatamente informati in merito alle tipologie di controlli attuabili nei loro confronti. Non è quindi necessario definire alcun accordo sindacale o promuovere l’istanza all’ITL.

L’INL con la circolare n.2 del 07/11/2016 ha precisato che possono essere considerati strumenti di lavoro «gli apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione lavorativa dedotta in contratto, e che per tale finalità siano stati posti in uso e messi a sua disposizione».

La medesima linea è stata seguita dal garante della privacy con verifica preliminare del 16/03/2017. Questo ha confermato che gli strumenti di lavoro sono tutti quei dispositivi «utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa». Pertanto, un controllo in merito all’attività del lavoratore eseguito per mezzo di un tablet assegnato al suddetto, qualificabile come strumento di lavoro, risulterà essere assolutamente legittimo se supportato da adeguata informativa.

Come devono essere trattati i dati acquisiti per mezzo degli strumenti contemplati nei commi 1 e 2 dell’art 4?

Qualsiasi strumento da cui possa discendere un’acquisizione di dati riferibili all’operatività del lavoratore, sia che si tratti di impianti audiovisivi o altri strumenti di potenziale controllo a distanza, sia che si tratti di strumenti di lavoro, può essere utilizzato a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (quindi, anche a quelli disciplinari) a due condizioni:

a. adeguata informazione dei lavoratori attraverso una policy aziendale che spieghi le modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli;

b. rispetto della normativa sulla Privacy.

Il mancato rispetto delle condizioni sopra evidenziate definisce un divieto di utilizzo dei dati acquisiti. Pertanto, un licenziamento intimato in funzione di tali informazioni risulterà illegittimo. Questo perché i suddetti dati non potranno essere utilizzati in sede giudiziale per dimostrare l’inadempimento del lavoratore.